Oscar Romero

Un pastore che ha amato il suo gregge fino a dare la vita

di don Claudio Laim

 

 

Più volte papa Francesco ha affermato che la persecuzione contro i cristiani nel mondo è oggigiorno più frequente ed intensa che non ai tempi della Chiesa primitiva. Un caso clamoroso è stato il 24 marzo 1980 l’uccisione all’altare, mentre elevava l’ostia consacrata, del vescovo di El Salvador mons. Oscar Arnulfo Romero, abbattuto da un solo colpo di fucile da un killer prezzolato dal maggiore Roberto D’Aubuisson, del partito Arena al governo. L’uccisore aveva delle coperture tali che non è mai stato consegnato alla giustizia. Nel mese di maggio mi sono recato sui luoghi di questo doloroso evento: 12 ore d’aereo giustificavano pienamente il mio interesse per questa vicenda. San Salvador è una città di quasi 2 milioni d’abitanti, che ruota attorno alla sua cattedrale dove - nella cripta - c’è la tomba dell’amato vescovo. Questi viveva all’interno di un ospedale per ammalati terminali di cancro, gestito da premurose suore. La sua vita era all’insegna della massima semplicità e povertà, senza orpelli pomposi che vanno di moda presso certi nostri superiori ecclesiastici. Stava continuamente con la sua gente, soprattutto i campesinos (poveri e sfruttati contadini) denunciando puntualmente i soprusi della giunta militare al potere. Non era un rivoluzionario, ma un vero profeta di Dio, che richiamava continuamente al rispetto della giustizia e della solidarietà fraterna. I suoi discorsi infuocati scuotevano le coscienze di non pochi, ma erano mal digeriti dai militari di carriera. La sua tragica fine provocò, in un primo momento, orrore e sgomento, ma poi divenne un collante ancora più forte di unità nazionale e simbolo di eroica testimonianza cristiana. Si è realizzata pienamente l’antica profezia di Tertulliano: “Il sangue dei martiri è semente per nuovi cristiani” e l’ incessante pellegrinaggio che quotidianamente arriva fino alla sua tomba è lì a dimostrarlo. Anche i bambini sciolgono le loro innocenti preghiere sulla tomba del Pastore buono che ha dato la sua vita per il suo gregge. La Chiesa romana ha fatto inizialmente fatica a riconoscere l’eroicità di questo martirio (temeva ci fossero troppe implicazioni politiche), ma il papa argentino (che ben conosceva il complesso intreccio che faceva capo alla così detta “teologia della Liberazione” del sud America) ha rotto gli indugi e ha iscritto nell’albo dei Santi mons. Romero il 14 ottobre 2018, martire in odio alla fede e per amore dei poveri. La festa liturgica in sua memoria cade il 24 marzo di ogni anno. Per tutti noi, che viviamo una vita cristiana spesso “all’acqua di rose” la vicenda di un tale testimone resta un forte stimolo a prendere molto più sul serio l’imitazione di Cristo, supremo Buon Pastore.

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